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Scene 1 (0s)

Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Differenza tra autostima e autoefficacia L’autostima sembra molto affine all’autoefficacia, ma in realtà i due concetti indicano fenomeni diversi. L’autostima ha a che fare con le valutazioni di valore personale, mentre l’autoefficacia riguarda giudizi sulle capacità personali. Gli individui possono considerarsi altamente efficaci in una attività dalla quale non ricavano alcuna stima di sé, o giudicarsi inefficaci in una attività senza subire una perdita del valore di sé. Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Integrazione sociale Definizione data dal Consiglio Europeo (2008) «Processo a doppio senso e attitudine delle persone a vivere insieme, nel pieno rispetto della dignità individuale, del bene comune, del pluralismo e della diversità, della non violenza e della solidarietà, nonché la loro capacità di partecipare alla vita sociale, culturale, economica e politica» - Non è assimilazione e neppure un atto unilaterale MA mantiene al suo interno i concetti di compensazione / adattamento delle differenze → Assimilazione = annullare le differenze (es: migrante) - Il punto di partenza rimane l’individuo e le sue condizioni biologiche Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Inclusione sociale Situazione in cui tutti gli individui e i gruppi di un sistema sociale godono degli standard essenziali, possono vivere secondo i propri valori e le proprie scelte e migliorare le proprie condizioni; le differenze tra le persone e i gruppi sono socialmente accettabili; il processo attraverso il quale vengono raggiunti questi risultati è partecipativo ed equo. - È intesa come un processo attraverso il quale gli sforzi sono finalizzati a garantire pari opportunità per tutti, a prescindere dal background, in modo che tutti gli individui possano raggiungere il loro pieno potenziale nella vita. - È un processo multidimensionale volto a creare le condizioni per una piena ed attiva partecipazione di tutti i membri della società in tutti gli aspetti della vita, comprese le attività culturali, sociali, economiche e politiche, nonché la partecipazione nei processi decisionali. Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Inclusione sociale - Si riferisce a tutte le persone e non a gruppi particolari come nel caso dell’integrazione - Contrasta le forme di esclusione e di ingiustizia che strutturano la società per superare ogni forma di discriminazione e di esclusione sociale - Richiede di superare l’egemonia di un linguaggio “abilista” e “normativo” (= chi di autoritario ti dice ciò che devi fare. Non c’entra la legge), restituendo la voce alle persone e alla loro azione - La partecipazione attiva è un elemento chiave e richiede un cambiamento del sistema culturale e sociale esistente Costruisce contesti inclusivi per rispondere alle differenze di tutti, eliminando le barriere sociali, culturali, economiche e istituzionali disabilitanti..

Scene 2 (1m 5s)

Finalità dell’intervento dell’operatore sociale L’evoluzione terminologica nella storia testimonia come l’approccio alla diversità si sia trasformato a sua volta nei significati e anche nelle azioni. - Da «escludere, istituzionalizzare, curare» a «inserire, integrare, includere» → Sono termini che riconducono alla dimensione sociale della presa a carico «nella convinzione che la cultura dell’integrazione e dell’inclusione delle persone disabili si costruisce soprattutto attraverso le realizzazioni di percorsi in grado di favorirne la partecipazione sociale, il pieno rispetto dei loro diritti, l’eliminazione delle barriere comportamentali e ambientali che rendono la loro menomazione disabilità» Passaggio dalla cura orientata soprattutto alla persona alla cura del territorio Schema: - Inclusione = società aperta → es: io in carrozzina mi trovo una rampa che mi permette il passaggio - Integrazione = persone all’interno della società - Segregazione = racchiude persone in un dato luogo - Esclusione = non mi permette di partecipare alla vita della società (es: io in carrozzina non trovo alcuna rampa per per il passaggio Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Indice dell’inclusione 2023 – Pro Infirmis Primo studio svizzero sull’inclusione realizzato dalla prospettiva delle persone con disabilità - In Svizzera quattro persone con disabilità su cinque si sentono fortemente limitate nella partecipazione ad almeno uno degli ambiti di vita considerati - La discriminazione maggiore è percepita nei settori:.

Scene 3 (1m 51s)

Finalità dell’intervento dell’operatore sociale Coesione sociale Si riferisce agli elementi che portano e tengono insieme le persone nella società. In una società socialmente coesa tutti gli individui e i gruppi sviluppano un senso di appartenenza, partecipazione, inclusione, riconoscimento e legittimità. Società sociali coese non sono necessariamente demograficamente omogenee. Piuttosto, rispettano e valorizzano la diversità (in termini di idee, opinioni, competenze, ecc.). Pertanto, esse sono meno inclini a scivolare in modelli distruttivi di tensione e di conflitto quando si verificano interessi diversi. Partecipazione sociale Coinvolgimento attivo e responsabile degli attori sociali nelle scelte e nelle azioni volte a promuovere, mantenere e tutelare il benessere collettivo È intesa come l'atto di impegnarsi nelle attività della società. Si riferisce alla possibilità di influenzare le decisioni e di avere accesso ai processi decisionali. La partecipazione sociale crea fiducia reciproca tra gli individui, ciò costituisce la base per la condivisione di responsabilità nei confronti della comunità e della società. Giustizia sociale La giustizia sociale è un principio di fondo per la coesistenza pacifica e prosperosa dei paesi e tra i paesi. Sosteniamo i principi della giustizia sociale quando promuoviamo l’uguaglianza di genere, i diritti delle popolazioni indigene o dei migranti. Sosteniamo la giustizia sociale quando rimuoviamo le barriere che le persone devono superare a causa del loro genere, dell’età, dell’appartenenza etnica, della religione, della cultura, o delle disabilità..

Scene 4 (2m 41s)

Lezione 23.10.2023 La vulnerabilità La vulnerabilità è una dimensione che attraversa l’esistenza e che riguarda tutti noi. La vulnerabilità è una caratteristica inerente alla condizione umana, che dipende: - Dall’essere incarnati - Dalla socialità - Dalla finitezza e dalla mortalità - Dalla suscettibilità alla sofferenza La nostra umanità e la dipendenza reciproca fondano l’obbligo di rimediare alla vulnerabilità e di rispondere ai bisogni degli altri, quando abbiamo il potere di farlo. La vulnerabilità Alcune definizioni La vulnerabilità sociale è definibile come: - “a state of high exposure to risks and uncertainties, in combination with a reduced ability to protect or defend oneself against those risks and uncertainties and cope with the negative consequences” (Undesa- Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite) - “Scarsità di mezzi per difendersi da una situazione di difficoltà improvvisa, sia sul versante economico sia su quello esistenziale. Situazione di settori della popolazione che in condizioni normali riescono a far fronte alle proprie esigenze di vita, ma che in presenza di un qualsiasi anche piccolo evento negativo non ne sono più in grado. Situazioni caratterizzate da incertezza e sensazione di perdita di controllo, anche se non è presente un disagio conclamato.” (Negri, 2006) - “Una parola valigia per declinare tutte la varietà della miseria del mondo” (Castel, 1997), non è una caratteristica dei singoli individui (concezione individualistica), ma dei contesti e quindi una possibile risultante delle interazioni dinamiche fra individui e contesti sociali (Soulet, 2014). Esiste una ripartizione disuguale nello spazio di esposizione alla vulnerabilità nello stesso modo, con la stessa intensità. Condizione potenziale e non in atto, può essere contrastata attraverso appropriate azioni promozionali e preventive. La vulnerabilità è uno spazio di incontro tra operatore sociale e persona (cosiddetta utente) nel quale si possono aprire opportunità. Il concetto di vulnerabilità è promettente: invece di stigmatizzare, si connette a quello di capacità di azione, di empowerment e di resilienza, rivelandone la potenza intrinseca (Serbati e Milani, 2013) La vulnerabilità La vulnerabilità è una condizione sociale e relazionale, ed è sensibile al contesto: molte altre sorgenti di vulnerabilità dipendono dalla situazione e sono dovuti a fattori contingenti, sociali, ambientali, economici e politici. La stessa vulnerabilità relazionale può essere ulteriormente specificata e distinta in: esistenziale, condizionata, situazionale (nel contesto). La vulnerabilità dipende dalla quantità di risorse di cui siamo dotati o cui abbiamo accesso nel contesto sociale: risorse materiali, risorse umane o fisiche e risorse sociali. Ciò significa che NON è la persona ad essere vulnerabile MA è la risposta che caratterizza il rapporto tra la persona e il suo contesto sociale di vita che non arriva a costruirsi o non si costruisce in maniera appropriata..

Scene 5 (3m 47s)

È quando l’interdipendenza traballa che si genera vulnerabilità. La vulnerabilità Solo riconoscendo la nostra vulnerabilità come dimensione che ci accumuna agli altri, come condizione esistenziale comune possiamo accogliere e prenderci cura della vulnerabilità delle altre persone. Un concetto da maneggiare con cura (Pedroni, 2020). E’ un concetto con implicazioni etiche. Il concetto di vulnerabilità influenza il modo in cui descriviamo le persone e giustifichiamo gli interventi. La lettura critica ruota intorno a tre obiezioni: 1) È una nozione oppressiva e paternalistica; 2) Funziona come meccanicismo di controllo sociale 3) Può avere come effetto/esito la stigmatizzazione e l’esclusione sociale Brené Brown, ricercatrice e social worker americana, parla del «POTERE DELLA VULNERABILITA’» La resilienza - Vivere in una condizione di vulnerabilità porta necessariamente alla difficoltà ad integrarsi nella società? - Avere i genitori separati comporta uno sviluppo affettivo, relazionale, ed emotivo negativi? - Essere un bambino abbandonato compromette una crescita positiva? - Perché alcune persone che hanno subito aggressioni e torture riescono a riorganizzare positivamente la loro vita? La resilienza L'essere umano è capace, anche nelle peggiori condizioni, di "mutare una tragedia personale in un trionfo" Viktor Emil Frankl La resilienza Definizione Processo biologico, psico-affettivo, sociale, culturale ed educativo che permette la ripresa di un nuovo sviluppo dopo un evento traumatico (Cyrulnik, s.d.) «La capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare a un esito negativo» (Malaguti, 2005, p.16) La storia dell’umanità annovera moltissimi esempi di persone che, nonostante abbiano vissuto situazioni di vita sfavorevoli, sono riuscite a resistere e riorganizzare la propria esistenza. La resilienza Il costrutto di resilienza implica un cambio di prospettiva: - Positivizzare lo sguardo sugli altri - Riconoscere le criticità ma non ridurre la persona al problema, valorizzare le potenzialità della situazione - Creare le possibilità di trasformare un’esperienza dolorosa in apprendimento → Non si tratta solo di resistenza ma anche del processo di superamento delle difficoltà Gli studi e le testimonianze sulla resilienza aprono alla speranza e aiutano a pensare che il destino dell’uomo non sia predefinito ma che le persone possano in parte co-costruire il proprio presente e futuro..

Scene 6 (4m 52s)

Questo induce a capire che occorre abbandonare le visioni causali lineari e considerare sempre la persona nella sua globalità e complessità. La resilienza Breve storia terminologica Negli anni ‘80 il termine resilienza, che veniva utilizzato principalmente nel campo della fisica, per indicare la capacità appartenente ad un metallo di riprendere la sua forma dopo aver ricevuto un colpo non abbastanza forte da comportarne la rottura, è stato ripreso dalle scienze sociali per definire una grande potenzialità degli esseri umani: → Dopo un evento traumatico (passibile di provocare una sofferenza psichica), la persona che è ferita nell’anima può ritornare alla vita. Questa capacità (risorsa latente o manifesta) è presente fin dall’origine dell’umanità, il concetto di «resilienza» ha permesso di dare un nome alla possibilità di organizzare risposte comportamentali positive trasformative, avviando studi e riconoscimenti scientifici. La resilienza Eventi potenzialmente traumatici La resilienza si rivela a partire da un trauma (fisico o psicologico). Alcune situazioni che potrebbero generare traumi: - Lutti - Malattie - Abusi sessuali, fisici, emotivi, incluso l’abbandono - Assistere ad episodi di violenza - Incidenti - Immobilità prolungata - Catastrofi naturali (alluvioni, terremoti, ecc.) - Guerre, torture, esplosioni di mine, attentati. «Gli effetti di un trauma dipendono dalle condizioni della sua irruzione nella vita, dall’intensità e dalla durata, da caratteristiche personali e dalla sua storia» (Malaguti, 2005, p. 41) La resilienza Fattori di rischio I fattori di rischio riguardano alcune condizioni che favoriscono la probabilità di subire una perdita o di essere esposti ad una ferita. Essi comprendono dimensioni differenti (biologica, relazionale e sociale) e possono essere raggruppati in 4 categorie: - Situazione familiare compromessa (disturbi psichiatrici, decesso, violenze familiari, alcolismo, tossicodipendenza) - Fattori sociali e ambientali (povertà, situazione di migrazione, isolamento relazionale) - Problemi di salute (disabilità, malattie gravi, incidenti) - Minacce vitali (guerre, catastrofi naturali, deportazioni forzate o torture) Gli studi di Garmezy (1991) dimostrano che la possibilità di divenire vulnerabili aumenta accumulando i vari fattori di rischio. La resilienza Fattori di protezione Gli studi sostengono che la resilienza è il risultato di un equilibrio evolutivo tra elementi stressanti del contesto e i fattori di protezione interni ed esterni della persona. Si tratta di fattori che modificano la reazione in una situazione rischiosa consentendo un’evoluzione positiva..

Scene 7 (5m 57s)

Dagli studi sulla resilienza nei bambini sono stati identificate le variabili principali che favoriscono la loro protezione. 1. Fattori di protezione individuale (temperamento, genere, età, capacità cognitive, sentimento di stima di sé, sentimento di empatia, humor …) 2. Fattori di protezione familiare (genitori calorosi e sostegno parentale, relazioni genitori/figli positive, armonia familiare) 3. Fattori di protezione extra-familiare (rete di sostegno sociale, esperienze di successo scolastico, confronto con modelli positivi) La resilienza La resilienza La costruzione della resilienza La capacità di reagire adeguatamente e la costruzione della resilienza possono essere determinate da alcuni fattori: - Natura dell’evento→ intensità e tempo di durata - Il contesto di vita → presenza o mancanza di una rete di sostegno - Le caratteristiche individuali → risposta personale di fronte all’evento - Le competenze → capacità apprese, consapevolezza di essere in grado di affrontare una situazione - Le risorse → possibilità di incontrare contesti e persone capaci di attivare le risorse e riconoscimento da parte della persona delle stesse - Stima e fiducia → possibilità di acquisirle in sé stessi e negli altri - Il progetto → avere un compito da portare avanti e un progetto - La storia dei successi e dei fallimenti → questi possono influenzare il recupero da una condizione difficile La resilienza è situata nei contesti La resilienza Elementi che si sviluppano in situazioni di resilienza - Assunzione di consapevolezza → identificazione dei problemi, delle risorse e ricerca di soluzioni - Indipendenza → capacità di stabilire dei limiti, dei confini tra se stessi e gli altri, prendere distanza da ciò che manipola, interrompere le relazioni negative - Relazioni → capacità di scegliere interlocutori positivi - Iniziativa → permette di dominare il proprio ambiente e trovare piacere nello svolgere attività costruttive - Creatività → aiuta ad amplificare lo sguardo con cui si osservano i fenomeni, affinché si riesca a prendere distanza dalla sofferenza ed esprimere le emozioni positivamente - Humor → consente di scoprire la dimensione comica nonostante la tragedia e di diminuire la tensione interiore.

Scene 8 (7m 2s)

- Etica → favorisce la compassione e l’aiuto reciproco e guida l’azione nelle scelte positive o negative La resilienza Tutori di resilienza Boris Cyrulnik, principale autore internazionale sul tema della resilienza, nasce il 26 luglio 1937 a Bordeaux, Francia. È un medico francese, etologo, neurologo e psichiatra che vive il dramma dei campi di concentramento dove perde la famiglia. Cyrulnik definisce tutori di resilienza quelle figure significative che nell’interazione permettono alla persona di «rimbalzare» e di riattivare dei processi vitali che sembravano compromessi. La resilienza non si acquisisce una volta per tutte, ma rappresenta un cammino da percorrere: l’esistenza è costellata da prove, ma la resilienza e l’elaborazione dei conflitti consentono, nonostante tutto, di continuare il proprio percorso di vita..

Scene 9 (7m 32s)

Lezione 30.10.2023 La circolarità nei processi comunicativi Peculiarità della relazione professionale dell’operatore sociale La relazione di aiuto propria dell’operatore sociale professionale è connotata dai principi della relazione educativa - Intenzionalità (= so perché faccio qualcosa e non altro) vs spontaneità e casualità L’operatore elabora ipotesi, progetti, interventi, esperienze consapevolmente e coerentemente orientate verso le finalità professionali, nel rispetto degli interessi, delle aspirazioni, dei desideri e dei bisogni, di potenzialità e limiti dei propri interlocutori, di vincoli e risorse dei contesti di intervento. - Progettualità vs interventismo e emergenza Le rappresentazioni, le ipotesi e gli interventi dell’operatore sociale professionale devono prefigurare e contemplare le fasi necessarie per attivare i processi trasformativi auspicati. La meta-competenze dell’operatore sociale La meta-competenza si costituisce attraverso un processo di pratica riflessiva = processo circolare di azione nella pratica operativa e di riflessione sulle connessioni degli atti con il contesto e con conoscenze teoriche di riferimento - Riflessività → Importante per l’operatore sociale in quanto nella professione d’aiuto non esistono automatismi bensì devo riflettere! Concetto introdotto da Dewey: «il fare che si sviluppa dall’attiva, costante e diligente considerazione delle credenze e conoscenze personali, alla luce delle prove che le sorreggono e delle conclusioni cui tendono». L’atteggiamento riflessivo presuppone l’attitudine a mettere in discussione modelli di lavoro acquisiti e trasformati attraverso la pratica in presupposti operativi. La meta-competenze dell’operatore sociale - Riflessività Alcuni elementi per sostenere la riflessività: - Gli incidenti critici (= evento significativo che può essere positivo e negativo) innestano il pensiero riflessivo (Sicora, 2010) - Interrogare il pensiero (pensiero interrogante): tenere in considerazione le connessioni tra pensiero e azione; arte di fare domande (Schein, 2014) - Decostruire le categorie. Lavoriamo in un sistema di welfare che tende a catalogare. Le categorie sono cornici rigide che bloccano la riflessività. Riscoprire il valore del linguaggio e della narrazione.

Scene 10 (8m 37s)

- Cercare il confronto (= plusvalenza → non sbaglio mai a condividere i personali pensieri. Ci possono essere pensieri uguali ai miei e quindi andranno a confermare quest’ultimi, altri potranno essere differenti dai miei e quindi arricchirmi e arricchire gli altri) con altri per uscire dal proprio pensiero e lasciarsi contaminare - La riflessività presuppone conoscenza: disporre di strumenti metodologici e conoscitivi per essere riflessivi - Capacità critica intesa come capacità di leggere la realtà con cui si è confrontati rilevandone in modo equilibrato limiti e risorse. Presuppone che non esiste una verità assoluta e quindi anche un atteggiamento di irriverenza verso le teorie precostituite. - Pensiero critico nel lavoro sociale Per il pensiero critico, la valutazione dell'azione è tesa al processo di presa di coscienza delle condizioni sociali, politiche ed economiche che contribuiscono a creare condizioni di svantaggio e minorazione per coloro che necessitano dell'intervento del servizio sociale. È una costante tensione a promuovere la giustizia sociale attraverso la pratica del servizio sociale: 1. Riconoscimento delle condizioni macro: come la definizione dei rapporti di potere influiscono su quelli micro dell'esclusione e del disagio sociale 2. L'adozione di un atteggiamento critico nella pratica del servizio sociale 3. Un impegno a contrastare le pratiche autorizzative a favore di quelle inclusive e partecipative 4. Un lavoro con i soggetti «oppressi» per promuovere il cambiamento Peculiarità della relazione professionale dell’operatore sociale - Ascolto Capacità di ricevere, accogliere, organizzare informazioni con tutti i sensi, a partire da una auto-osservazione, di ciò che l’interlocutore ci sta comunicando. - Ascolto attivo Capacità di ascolto con un atteggiamento partecipe, flessibile e auto-osservativo, caratterizzato dalla capacità di comprendere i diversi punti di vista delle persone coinvolte. Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale Vi sono alcuni atteggiamenti di fondo che permettono lo sviluppo delle competenze professionali richieste all’operatore sociale - Disponibilità all’autocritica e alla critica costruttiva Saper riconoscere ed esplicitare elementi poco funzionali che emergono nelle relazioni professionali senza giudicare le persone, ma evidenziando gli effetti negativi e valorizzando gli aspetti che possono produrre un’evoluzione positiva della situazione. - Disponibilità al cambiamento Disponibilità a mettere in discussione le proprie premesse e il proprio agire, disponibilità ad ascoltare, accogliere ed integrare altri punti di vista, tendenza ad attivarsi in una dimensione progettuale auto-formativa, alla continua ricerca di occasioni di crescita personale e professionale. - Predisposizione ad una visione ottimistica ed equilibrata della realtà Capacità creativa di elaborare letture evolutive delle situazioni, curiosità di ricercare sempre le potenzialità e le risorse e di non intrappolarsi in letture deterministiche che amplificano i disagi e le difficoltà delle persone e dei contesti con cui l’operatore sociale opera. Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale «La disposizione all’ottimismo consiste nella propensione a credere che ogni esperienza futura sarà favorevole. (…) Di conseguenza gli ottimisti si sforzano di raggiungere le mete prefissate e si pongono positivamente nei confronti dell’esperienza. (…) In quest’ottica gli ottimisti considerano le avversità come ostacoli che possono essere affrontati (…) come.

Scene 11 (9m 42s)

sfide che si possono dominare (…) impegnandosi nel compito e andando alla ricerca delle opportunità che l’ambiente può offrire. (…) L’ottimismo disposizionale è di tipo realistico, in quanto sa accettare le situazioni per quello che sono e non si ostina a modificare le condizioni impossibili» Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale - Speranza La speranza è credere che si potrà trovare una via per realizzare i propri obiettivi e la motivazione per percorrerla. Non si tratta di uno stato puramente emotivo, ma di un processo cognitivo, che prevede l’intervento consapevole della persona sulla realtà. Gli obiettivi devono avere un significato per la persona e devono essere realizzabili direttamente o attraverso un percorso con tappe intermedie (progettualità). La persona deve pertanto poter prefigurarsi il percorso per realizzare gli obiettivi e deve sentirsi capace di affrontarlo. Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale - Predisposizione ad instaurare relazioni finalizzate, empatiche e collaborative Apertura e intenzionalità nell’instaurare rapporti con gli altri fondati sul principio di pari dignità umana volte al perseguimento delle finalità professionali e fondate sui principi della comunicazione efficace → lavorare “con” le persone vs lavorare “per” gli altri Gli stili relazionali dell’operatore sociale - Il coinvolgimento emotivo La rappresentazione mentale che l’operatore si crea attraverso le emozioni suscitate dalla relazione con l’altro contribuisce ad organizzare i suoi atteggiamenti relazionali e affettivi e gli interventi educativi. Per poter gestire la relazione socioeducativa coerentemente con le macrofinalità professionali, l’operatore deve continuamente lavorare sulla propria auto-osservazione per mantenere quella «giusta vicinanza» che gli consente di sviluppare e attivare atteggiamenti professionali efficaci, attenti alla dimensione umana delle persone con cui lavora. Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale - Empatia “L’incontro con la dimensione della differenza. (…) È proprio il passaggio da una posizione a un’altra, in un andare e tornare continuo, avvicinandosi con la propria vita alla condizione esistenziale dell’altro.” Confrontarsi “con le diverse situazioni e coi limiti dell’esistenza dell’altro ci può consentire di stare nella differenza in maniera analogica, immaginando noi stessi nelle condizioni in cui versa l’altro, nella consapevolezza della non sovrapponibilità della nostra esistenza a quella altrui.” Avvicinarsi al mondo di significati dell’altro vs mettersi nei panni dell’altro - L’attenzione all’intero Capacità di cogliere le situazioni nella loro complessità e le persone nella loro globalità. - Il pensiero divergente (= trovare soluzioni alternative) Fondato su un atteggiamento di curiosità e ricerca continua dato dall’integrazione del pensiero creativo (apertura, circolarità, intuizione, ricettività) con quello razionale (ipotesi da verificare nella realtà)..

Scene 12 (10m 47s)

- Creatività Si può definire la creatività come la capacità di sviluppare idee, alternative e possibilità di intervento per risolvere problemi in modo originale. Per essere creativi bisogna essere capaci di osservare le cose in modo nuovo o da prospettive diverse da quelle consolidate. La creatività è un modo di promuovere processi di apprendimento basati sulla capacità di «problematizzare l’acquiescenza all’evidente» (= mettere in discussione cio che è dato epr certo) (Foucault). La creatività è un’abilità che si può allenare. Indeterminatezza vs tecnicalità Peculiarità delle relazioni professionali dell’operatore sociale - Fiducia «La fiducia è un fenomeno che si viene a generare nelle situazioni in cui sono presenti aspettative di reciprocità di lungo periodo.» Si tratta di aspettative di esperienze positive per il soggetto. Ogni persona fidandosi nel presente fa una scommessa sul futuro. «La fiducia può maturare anche in frangenti difficili e incerti se è accompagnata da un alto livello di coinvolgimento dei soggetti, da un’intensità emotiva e cognitiva che permette di andare oltre la soglia della mera speranza. Per collaborare dobbiamo poterci fidare e l’esito della fiducia attribuita è la disponibilità a mettersi in gioco in una relazione cooperativa.» - Tolleranza «Insieme di atteggiamenti che indicano la disponibilità di un soggetto ad ammettere e riconoscere la possibilità di esistenza di idee e comportamenti diversi dai propri (= ognuno possiede una propria rappresentazione della realtà → siamo tutti diversi) Questo non significa che si debba necessariamente condividerli: l’essenza della tolleranza sta nell’attribuzione di legittimità all’esistenza dell’altro da sé (posizioni politiche, precetti morali, valori etici, orientamenti sessuali, etc) anche a fronte di un radicale dissenso nel merito.» Gli atteggiamenti di tolleranza predispongono alla gentilezza: «essere gentili non vuol dire essere ingenui o sprovveduti ma approcciare le interazioni con l’apertura e la tolleranza necessarie a far maturare possibilità inedite di crescita individuale e sviluppo sociale». - Dissimmetria mobile vs asimmetria e simmetria L’asimmetria della relazione educativa è data da un maggior grado di responsabilità richiesto all’operatore sociale nella gestione della relazione di aiuto, ma dalla considerazione di un pari livello di valore “umano”. Dissimmetrie mobili Perché siano possibili e valorizzati rapporti multipli, non cristallizzati nel rischio di chiudere, di mortificare e mutilare le possibilità di ascolto reciproco e di comprensione della complessità in cui si è tutti collocati, è importante porre attenzione a che le dissimmetrie di età, di esperienza, di sapere, di capacità operativa non diventino gerarchie invalicabili che sanciscono superiorità e inferiorità. È cruciale che le dissimmetrie vengano considerate e vissute come mobili, provvisorie, legate a situazioni specifiche, in funzione delle finalità educative. La dissimmetria mobile consente di promuovere una maggior corresponsabilità nella relazione di aiuto. Mediazione educativa Il vissuto è il modo diretto, intuitivo e naturale di percepire le emozioni e le sensazioni che nascono dalla nostra relazione con il mondo interno ed esterno..

Scene 13 (11m 52s)

L’esperienza è data dalla rielaborazione riflessiva (dare senso) a ciò che ci accade. → per passare da vissuto a esperienza, il vissuto deve essere elaborato e di riflesso attribuirgli significato) La relazione educativa è connotata da atteggiamenti mediativi finalizzati ad accompagnare le persone ad attribuire un senso a ciò che accade, andando oltre al piano della sensazione e della reattività. La mediazione educativa promuove il «fare esperienza del proprio vissuto» e favorisce la formazione di una autoconsapevolezza del proprio modo di apprendere, di fare esperienza, di dare significato. Atteggiamenti di fondo dell’operatore sociale - Pensiero complesso Il pensiero complesso è consapevole in partenza dell’impossibilità della conoscenza completa: uno degli assiomi della complessità è l’impossibilità, anche teorica, dell’onniscienza (riconoscimento di un principio di incompletezza e di incertezza). Il pensiero complesso è animato da una tensione permanente tra l’aspirazione a un sapere non parcellizzato, non settoriale, non riduttivo, e il riconoscimento dell’incompiutezza e della incompletezza di ogni conoscenza. Pensiero complesso di Edgar Morin - Nato nel 1921 è un filosofo e sociologo francese di origine ebraica. - Teorizzatore del «pensiero complesso» e promotore delle necessità di educare gli educatori alla complessità, viene considerato uno dei maggiori intellettuali contemporanei. - Oggi è Presidente dell'Agenzia europea per la Cultura (UNESCO) e Presidente dell'Associazione per il Pensiero Complesso a Parigi.

Scene 14 (12m 39s)

Lezione 6.11.2023 La progettazione educativa e sociale La progettazione educativa e sociale L’educatore [operatore sociale] che immagina il futuro è un’artista che coglie nella pedagogia [lavoro sociale] la sua scelta espressiva e nella relazione la sua forma di comunicazione con il mondo. Per esplicitare la propria arte è però fondamentale possedere anche la tecnica [tra teoria e metodologia], curata con l’esperienza e avvampata da un’incessante fiducia in sé stessi e nell’altro. Il progetto richiede tempo, un tempo lungo nel quale potersi perdere, abbandonarsi alle cure dell’altro. (Traverso, 2016) Progettare: definizione Dal latino pro-iectum, richiama l’azione di gettare (iectum) qualcosa in avanti (pro). Quindi la progettazione è un’azione che parte dalla visualizzazione di un’idea, attraversa le fasi della pianificazione e realizzazione, per arrivare alla creazione di qualcosa di innovativo in qualsiasi settore (Paradiso, 2020, p.4) Il lavoro sociale e educativo è il luogo per eccellenza della complessità, dove si incontrano le dimensioni della pluralità e della differenza e si confrontano sguardi, mondi e saperi diversi, per tracciare itinerari di cambiamento volti alla promozione del benessere o al miglioramento delle condizioni di vita. (Paradiso, 2020). → Citazione del libro Progettare: definizione La progettazione in ambito educativo e sociale è il processo che guida i percorsi di trasformazione e cambiamento personale, di gruppo e delle comunità e ha l’obiettivo di «cogliere il potenziale presente nei soggetti individuali e collettivi con i quali interagiscono per promuoverne lo sviluppo in tutte le direzioni dell’esistenza» (Kanisza, Tramma, 2011) in una logica di «autonomizzazione, autorealizzazione e di auto-appropriazione» (Paradiso, 2020, p.6) Progettare nella complessità può essere pensato come realizzare una ricerca-azione […] con la quale di fronte a una situazione complessa e problematica posta all’attenzione dell’educatore [operatore sociale], egli si ponga l’obiettivo di definire alcune pratiche (da non ritenersi definitive) e di sperimentarle sul campo valutandone l’efficacia ai fini di un miglioramento sostanziale della qualità di vita percepita dai soggetti che divengono target del suo intervento. (Bobbo, Moretto, 2020, p. 33). → Citazione del libro Progettualità - Qualsiasi intervento professionale dell’operatore sociale è pensato rispetto ad una condizione, situazione, processo, “realtà” in divenire (nel corto, medio e/o lungo termine): una “proiezione” di un effetto, di un evento, di una condizione auspicati. - La progettualità è un asse di continuità fra proposito e razionalità: le rappresentazioni, le ipotesi e gli interventi – azioni dell’operatore sociale professionale devono prefigurare e contemplare l’organizzazione delle fasi necessarie per attivare intenzionalmente processi trasformativi di situazioni esistenti in situazione auspicate.

Scene 15 (13m 44s)

per il perseguimento di obiettivi generali e specifici, orientati alle macro-finalità professionali. - La progettualità richiede intenzionalità di pensiero e azione per la definizione e realizzazione degli interventi, per evitare il rischio di disabilitazione e della iatrogenesi dell'intervento (Illich, 2021). - La progettualità assume come finalità ampia quella di accompagnare le persone a ri- orientare il percorso della loro esistenza verso una condizione di maggior benessere (Ferguson, 2001). → Iatrogenesi = quando curo (con medici o approcci) gli effetti collaterali dell’intervento di partenza. È uno dei rischi che possiamo incontrare quando si attua la progettualità Il sistema di progettazione educativo e sociale - La progettazione è la metodologia per eccellenza che orienta il lavoro sociale e educativo finalizzato ai percorsi di prevenzione, promozione, riabilitazione e cura. - È un’attività complessa dal punto di vista logico, metodologico e relazionale perché comprende numerosi livelli di lavoro che si sovrappongono, si alternano, si susseguono tra loro sino alla definizione del progetto: - Sul piano logico perché richiede l’analisi degli elementi, delle fasi e dei livelli di progettazione - Sul piano metodologico perché impone la conoscenza di tecniche e strumenti a supporto dell’analisi e applicazione di ogni elemento - Sul piano relazionale perché il progetto nasce e si sviluppa nelle e tra le relazioni sociali, politiche, educative (Paradiso, 2020, p.67) Gli elementi della progettazione Ogni progetto è costituito da dieci elementi: - I protagonisti (destinatari, beneficiari e attori) → Destinatari = utenti diretti che ricevono l’intervento → Beneficiari = altri utenti, famiglia, … → Es: insegno ad un bambino a gestire la rabbia. Il destinatario è il bimbo mentre i beneficiari possono essere la famiglia, felice del fatto che il bambino non sia aggressivo, oppure gli altri bimbi, felici di poter andare a scuola senza un compagno aggressivo - Il contesto socioculturale - I bisogni evolutivi e complessi - I problemi - Le finalità e gli obiettivi - Le tipologie di progetto - Le azioni e gli interventi - Le metodologie e gli strumenti - Le risorse - I risultati (Paradiso, 2020, p. 69) Le domande progettuali Le domande progettuali permettono di analizzare e controllare se l’operatore sociale ha analizzato e definito tutti gli elementi della progettazione. Sono uno strumento di monitoraggio costante che permettono di verificare la globalità dello studio progettuale e della realizzazione del progetto (Paradiso, 2020, p. 71)..

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Le domande progettuali Destinatari del progetto Per destinatari si intendono i soggetti a cui si rivolge il progetto e si suddividono in: - Beneficiari diretti: si intendono i beneficiari (utenza) che ricevono direttamente la prestazione educativa e sociale - Beneficiari indiretti: si intendono le persone che ricevono indirettamente i benefici dell’azione socioeducativa dei beneficiari diretti (es: famiglie, rete, strutture, …) I livelli della progettazione I livelli della progettazione rappresentano i piani di osservazione e di classificazione del progetto rispetto ai soggetti/destinatari dell’azione educativa e sociale (Paradiso, 2020) - Persona/individuo → PEI (progetto educativo individualizzato) – PSI (progetto di sviluppo individualizzato) – PDV (Progetti di vita personalizzati), … - Gruppo → progetto socioeducativo/sociale di gruppo - Organizzazione/servizio → progetto educativo/sociale del servizio/organizzazione - Comunità/territorio → progetto educativo/sociale della comunità → Per quanto concerne la comunità, sono i bisogni espressi dalla comunità e intercettati dai servizi. I destinatari sono la popolazione. Es: prevenzione dell’abuso e maltrattamento sul territorio Ticinese nelle scuole medie Le fasi di un progetto → PER ESAME! Modelli e approcci per la progettazione educativa e sociale Distinguiamo in particolare: - Modelli logico-razionali (basati sui principi della razionalità assoluta, ordinata e classificatoria) - Modelli circolari in grado di integrare prospettive diverse, di creare ponti interdisciplinari, di condividere linguaggi e modelli interpretativi diversi.

Scene 17 (15m 38s)

Linearità e circolarità intervengono nel lavoro progettuale sociale e educativo alternandosi o sovrapponendosi come sguardi complementari nel governare la complessità del sistema di progettazione (Paradiso, 2020, p.38) → Nessun modello è migliore di un altro tutto dipende dalla situazione Approccio sinottico-razionale e progettazione come pianificazione - L’approccio sinottico-razionale adotta come modello di interpretazione dell’intervento, dei fenomeni e dei problemi sociali e educativi il principio della causalità lineare: essi sono analizzati attraverso uno schema che identifica gli elementi e le relazioni dirette che lo compongono e sono risolti grazie alla progettazione che diventa lo strumento per analizzarli, gestirli e risolverli. - L’idea di fondo di questo approccio poggia sulla possibilità di individuare le cause assolute di un problema e, di conseguenza, di realizzare una programmazione puntuale rivolta al cambiamento sociale desiderato. (Paradiso, 2020, p.40) → Progettazione Approccio sinottico-razionale e progettazione come pianificazione - La progettazione diventa perciò un processo definito, puntuale, organizzato in modo preciso nelle sue fasi e tempi con un’ampia possibilità di raggiungere gli obiettivi con efficienza ed efficacia, rispettando indicatori come il tempo e le risorse assegnate al progetto. - Il modello sinottico razionale, rispetto alla partecipazione, considera i soggetti coinvolti, come un oggetto di analisi della progettazione. - È l’operatore che compie l’analisi della realtà e decide la soluzione ottimale alla definizione degli obiettivi, degli interventi e alla valutazione dei criteri di valutazione (Paradiso, 2020, p.41). - Questo approccio mostra il suo limite in presenza di problemi complessi, nell’assenza di partecipazione dei soggetti coinvolti, nell’esplorazione dei cambiamenti e, in qualche caso, nella rigidità della visione sul progetto (p.42). → Posso utilizzare l’approccio lineare solo in alcune occasioni L’approccio concertativo-partecipativo e la progettazione dialogica - L’approccio concertativo-partecipativo valorizza la dimensione processuale, negoziale e interattiva tra coloro che definiscono il progetto e coloro che conoscono e vivono il contesto e fanno esperienza del lavoro sociale e /o educativo (Demetrio, 1988). - È un modello che pone al centro della progettazione il coinvolgimento di tutti gli attori e soggetti che partecipano all’intervento. Il principio generale è orientato alla valorizzazione della dialogicità e dell’interazione tra progettisti e soggetti che vivono il contesto entro cui si ipotizza e si realizza il progetto (Balducci 1995, De Ambrogio 2006) L’approccio concertativo-partecipativo e la progettazione dialogica - I nuovi approcci dialogici al lavoro di rete (T.Arnkil, J. Seikkula; 2013) pongono al centro la dialogicità come approccio alle relazioni, un modo di porsi con gli altri non riducibile a metodi e tecniche precostituite. Per gli autori il dialogo può essere definito come «l’arte di valicare i confini». - Invece di cercare di controllare gli altri, le parti coinvolte si rivolgono l’una verso l’altra per ascoltare meglio le proprie preoccupazioni e i reciproci punti di vista, per generare significati, linguaggi, letture e soluzioni condivise. Questo atteggiamento.